In quest'opera che rappresenta un po' la summa del pensiero di Norberto Bobbio, vengono esposte le principali teorie pacifiste e le loro criticità. Uno dei temi principali del libro è l'esistenza di alternative valide alla violenza, alle crudeltà e alle guerre nelle risoluzioni delle controversie. Ad es. Il dialogo, il disarmo multilaterale e la prevenzione.
Lo scontro delle civiltà (e il nuovo ordine mondiale) Samuel
P. Huntington
Samuel P. Huntington
Riassunto dell’opera
- La nuova era della
politica mondiale
Gli anni successivi al
disfacimento dell’Unione Sovietica e alla fine della guerra fredda, intorno al
1992, furono pieni di cambiamenti.
Gli anni successivi alla guerra
fredda le distinzioni fra i vari popoli diventarono sul piano culturale più che
sul piano ideologico od economico. Non vi sono più due superpotenze (gli Usa e
l’Unione Sovietica) distinte sul piano ideologico, ma una serie di superpotenze
multiculturali. Lo scontro fra le due grandi superpotenze è stato sostituito
dallo scontro fra civiltà.
I conflitti più profondi,
laceranti e pericolosi non saranno più fra classi sociali, ricchi e poveri, ma
tra gruppi appartenenti ad entità culturali diverse. In generale fra le civiltà
e all’interno delle civiltà stesse fra gruppi etnici-culturali diverse con le
guerre tribali e i conflitti etnici.
Il rischio è quello poi di un
escalation del conflitto, alcuni tipi di conflitti particolarmente insidiosi
sono quelli che possono recare con sé una serie di escalation ne sono un
esempio i conflitti scoppiati in Bosnia, nel Caucaso o nel Kashmir.
I conflitti più pericolosi sono
quelli che corrono “lungo le linee di faglia tra civiltà diverse”
D’altra parte paesi culturalmente
affini tendono a stabilire rapporti di collaborazione.
Agli inizi degli anni 90’ il
mondo era cambiato “ma non era diventato necessariamente più pacifico”.
Secondo Franklin Roosvelt dopo la
secondo guerra mondiale ci sarebbero dovute essere “nazioni
(democratiche)amanti della pace permanente”.
L’illusione di una pacifica
convivenza al termine della guerra fredda è stata ben presto smentita dal
proliferare di conflitti razziali e “pulizie etniche”.
Nella storia gli uomini da sempre
sono stati tentati di divere noi (civili) e loro (gli altri, i barbari); gli
uguali, i simili e i diversi.
Alcuni studiosi suddividono il
mondo in aree di pace e “aree di disordini”. Un’altra divisione comune e fra
paesi ricchi e paesi poveri; fra Occidente e Oriente;
Un'altra teoria della guerra dice
che se uno stato vicino accresce la sua potenza (anche non necessariamente
militare, economica magari) la potenza adiacente sarà probabilmente preoccupata
e cercherà alleati per prevenire possibili minacce.
In genere gli stati tendono a
perseguire i propri interessi sia dal punto di vista economica sia come
potenza, sia di egemonia culturale.
Il problema delle guerre è anche di tipo psicologico, a
volte un paese si sente minacciato ma il pericolo reale è nullo o molto passo
rispetto al pericolo percepito.
Le civiltà vengono a volte identificate con le rispettive
religioni di appartenenza rispetto all’etnia. O anche come vaste forme di
identità culturale. Meko individua 12
civiltà alcune storiche fra cui quella mesopotamica, egiziana, cretese,
classica, bizantina, centroamericana, andina) e cinque contemporanee quella
cinese, giapponese, indiana, islamica e occidentale.
Le ideologia politiche del xx secolo come il liberismo, il
socialismo, l’anarchismo, il corporativismo, il marxismo, il comunismo, la
socialdemocrazia, il conservatorismo, il nazionalismo, il fascismo, la
democrazia di ispirazione cristiana sarebbero tutte ideologie prodotte dalla
civiltà occidentale d’altro canto nessuna religione è nata in occidente.
Huntington spiega come il dominio dei mezzi di comunicazione
da parte dei paesi occidentali, costituisce una grande risentimento e ostilità
dei popoli non occidentali.
Il declino dell’Occidente:otere, cultura e indige
Via via che i paesi diventano più ricchi economicamente in
genera diventano più forti militarente(fra cui armi chimiche, e atomiche di
distruzione di massa)
Accanto alla corsa al riarmo al rrischio di escalation
militari vi sono gruppi e associazioni che pruomuovono il disarmo multilaterale
e il pacifismo.
Negli anni Cinquanta Leaster Pearson avvertì che si stava
andando” a un’età nella quale le diverse civiltà dovranno imparare a convivere
in un pacifico interscambio imparando le una dalle altre, studiando la storia,
gli ideali, l’arte e la cultura delle altre civiltà, arricchendosi
reciprocamente”
Introduzione
In contrapposizione al pericolo dello
"scontro delle civiltà" teorizzato da Huntington, Fred
Dallmayr,filosofo politico, professore di teoria politica all'Università di
Notre Dame (Indiana), propone e studia il dialogo tra le culture.
Ha proposto il dialogo sin dal momento più
difficile, dal 2001 anno che le Nazioni Unite avevano destinato al dialogo tra
le culture, in seguito però ricordato per gli attacchi terroristici, e per la
risposta in termini di guerra, peraltro alla cieca, dell'Occidente.
I suoi ambiti di ricerca vanno dal
multiculturalismo e teorie della democrazia, al pensiero della scuola di
Francoforte( Adorno e Habermas ) e ad Heidegger e l'ermeneutica ( e altri
ancora).
In questo post faccio prima, un riassunto del suo
libro "Il dialogo tra le culture" e poi alcune riflessioni sullo
stesso o a partire da esso.
Nell'introduzione espone alcune domande che sono
anche le linee guida del libro eccone alcune che mi sono sembrate fra le più
significative:
1.Qual'è il carattere dell'interazione dialogica?
2.Qual'è il significato del termine civiltà? 3. Può il dialogo procedere
liberamente e senza condizioni o ha bisogno di essere incoraggiato e preparato
in diversi modi? 4.Il dialogo non ha bisogno di una certa parità tra i
partner? o almeno uguaglianza di fiducia e rispetto? 5.Che ruolo svolge la
memoria e il passato nel dialogo fra civiltà ? 6. Vi sono delle
differenze e contrapposizioni, sulle quali l'occidente ha forse anche
insistito troppo, ad esempio ragion e non ragion, uomo e natura:queste differenze
hanno confini rigidi o sono interconnesse proprio attraverso la
loro differenziazione? Forse il dialogo è impossibile, proprio a causa di
rigide differenze ?.
Il libro è diviso in due sezioni, la prima parte
di natura interpretativa esamina il significato del dialogo di civiltà, ed
alcuni dei suoi parametri, premesse e implicazioni.
La seconda parte offre esempi di dialoghi
concreti, raccolti da periodi storici differenti come pure da una varietà di
contesti culturali.
SINTESI
La parte prima è intitolata "Verso un
dialogo tra civiltà" e si apre in prospettiva ermeneutica riportando una
risposta di Gandhi che ci ricorda come la civiltà non sia qualcosa che si
acquisisce una volta per tutte; ma è una conquista fragile che va sempre rinnovata.
La prospettiva opposta dello scontro delle
civiltà non è però di un facile (e impossibile, cosmopolitismo).
L'autore si rifà almeno parzialmente agli
insegnamenti di Hans-Georg Gadamer e vuole prima presentare il significato del
termine civiltà e dei suoi opposti; poi più specificamente rispetto alla
civiltà occidentale, ed infine delineare il significato e l'importanza del
dialogo di civiltà nel contesto della nascente città globale o della cosmopoli
emergente.
1.Ecc alcuni esempi di definizioni, di problematicità
e di corollari del termine civiltà:
Gadamer osserva che vi è un legame tra civiltà e
le modalità umane di comportamento e specificamente le istituzioni umane, che sono sostanzialmente,
gli ordinamenti della "città" o polis.
Civilization deriva da civil e civility che
rimandano al latino cives: colui che partecipa a una civitas( o in greco
polis.).
Vi sono due corollari, la natura e il divino che
la oltrepassano, il rapporto fra la civiltà e questi due corollari è sempre
stato, storicamente, complesso: generalizzando le civiltà tradizionali possono
essere distinte in base al grado di conflitto o armonia relativamente ai
corollari.
La metafisica e la teoria sociale occidentale
sono piene di distinzioni categoriche o dicotomie: ad esempio quella fra natura
e cultura oppure stato di natura e stato civile o ancora la dicotomia ragione e
passione.
Anche riguardo alla religione, secondo Dallmayr
la civiltà occidentale vi ha un rapporto conflittuale, poiché è una relazione
difficile, la religione introduce nella civiltà occidentale un elemento di
"eccesso" (penso si riferisca al fatto che la religione ecceda dalle
linee razionali in cui è posta la civiltà occidentale di derivazione
illuminista e modernista).
La dicotomia è evidente in sant'Agostino nel suo
scritto Civitas Dei, composto attorno al 420 d.C.: vi sono due città, quella
terrena governata da bisogni mondani e dalla bramosia umana, e la città celeste
fondata e conservata dalla grazia e dall'atto divino di salvezza.
L'autore dice che etichettare la civiltà
occidentale come civiltà giudaico-cristiana è fuorviante, anche se non si può
negare le influenze degli insegnamenti cristiani, così come la forte influenza
greco-romana. Alcuni sostengono la contrapposizione fra "Atene" e
"Gerusalemme", altri come Gadamer hanno sempre riconosciuto un
rapporto di complementarietà.
Fin dall'avvento del cristianesimo, il pensiero
occidentale si è posto il problema di come interpretare il fondamentale
orientamento "cosmologico" dei greci e in secondo luogo come tradurre
i concetti cosmologici greci nel vocabolario cristiano.
I greci conoscevano la storia solo
marginalmente, erano più interessati alla cosmologia metafisica. L'enfasi
giudaico-cristiana, sulla storia della salvezza portò in luce il concetto di
"speranza"; Gadamer scrive quindi che l'intero corso del pensiero
occidentale è segnato dalla tensione fra l'esperienza umana, storicamente
determinata e diretta verso il futuro e la formazione di concetti tratti
dal cosmos.
I tratti caratteristici della storia della civiltà
occidentale sono quindi la tradizione greco-romana e quella giudaico-cristiana,
e naturalmente è sempre stata soggetta alle influenze esterne dall'Africa dal
vicino Oriente e oltre.
Seguendo lo slancio del suo stesso "processo
di civilizzazione", alimentato dalla scienza baconiana e dal razionalismo
cartesiano, la civiltà occidentale estese con fermezza il dominio della vita
civile, assorbendo o soggiogando i suoi corollari e le sue integrazioni
d'orizzonte.
L'Illuminismo segnò la crescita di una filosofia
scettico-umanista, rappresentata da Voltaire e da Diderot, assieme all'ascesa
trionfante della scienza empirica e della sua realizzazione
tecnico-tecnologica.
La modernità rompe con la tradizione su di alcuni
aspetti importanti, specialmente disconoscendo, la cosmologia classica e la
teleologia.
In larga misura, l'importanza dei diritti umani
nella civiltà occidentale moderna, si spiega dalla cultura greco-romana(ed in
particolare lo stoicismo), con la spiritualià cristiana e della passione
moderna per l'individualismo secolare.
Come scrisse Gadamer nel saggio "Citizens of
Two Worlds", la rivoluzione scientifica è l'evento a partire da cui, la
precedente forma di sapere, la philosophia nel senso più ampio, iniziò a
disintegrarsi.
Da questo evento l'idea di unità della nostra
cultura venne problematizzata.
Vi è ancora oggi una tensione, fra modernità
scientifica e teleologia greca, fra modernità agnostica/secolare e fede
giudaico-cristiana.
Sin dal suo inizio la modernità è stata oggetto,
come da un'ombra, di una critica ai suoi presunti effetti
"civilizzanti", ad esempio da Rousseau, dal romanticismo da
Nieztsche, dall'esistenzialismo e dal decostruzionismo.
Vi è un immensa complessità della civiltà, anche
al suo interno, senza dimenticare i suoi corollari e le sue integrazione
d'orizzonte, tale che si presta a diverse letture.
Allo stesso modo la civiltà islamica non è una
struttura semantica uniforme, né compatta, bisogna almeno distinguere per es,
tra eredità preislamiche, tradizioni religiose e strati culturali moderni;
oltre che le influenze esterne.
Il dialogo deve essere quindi sia intra che
interculturale. Gadamer sottolinea in Verità e metodo, commentando il modello
platonico, come il dialogo proceda attraverso le domande e le risposte, con
accento sulle domande...
Il dialogo esige, che non si sottovalutino le
esigenze dell'interlocutore, ma che si valutino nel loro significato obiettivo.
L'apertura del dialogare, significa esattamente
che i partecipanti permetto all'altro ed in particolare, al diverso, allo
straniero,l'esiliato, si rivolga loro e li metta in discussione. Si fonda sulla
polarità familiare-estraneità, nel dialogo bisogna essere pronti a ricevere
domande anche radicali; anche il termine condurre una conversazione è
fuorviante, sarebbe più corretto dire che si viene coinvolti in una
conversazione.
Ciò che occorre è una paziente cautela nel
parlare, una disponibilità ad ascoltare l'altro, spesso in silenzio.
Il parlare può essere inteso anche in senso più
ampio e metaforico, anche la natura parla o si rivolge alla vita umana, anche
se lo fa celatamente, ad es. se distruggiamo le foreste pluviali o foriamo lo
strato di ozono, la natura ci parla attraverso il riscaldamento globale e altri
cambiamenti climatici. L'attuale processo di globalizzazione rende la
responsabilità ecologica un imperativo morale.
Il dialogo richiede attenzione per la civiltà, e
dovrà essere un discorso multilingue portato avanti in molteplici tonalità,
politica, religiosa, della filosofia, dell'ecologia e altre ancora.
E' bene ricordare il carattere della pace come
dono della giustizia, e per avere una pace genuina nella città, bisogna anche
essere in pace con sé stessi, con la natura e con il divino(quest'ultimo inteso
in senso ampio, non solo teologicamente).
Lo studioso di Gandhi Bhikhu Parekh osserva che
senza essere incommensurabili, tutte le culture, sono parziali e traggono
beneficio dalla conoscenza delle altre.
Il dialogo culturale inoltre non deve essere
imposto, ma equo.(...). Promuovendo un impegno per la giustizia sociale, e la
responsabilità pubblica, come strada per l’equità e la pace globale o
interculturale.
E’ bene ricordare le condizioni di pace tra
cui il suo dono di giustizia:” per avere una pace genuina nella città, dobbiamo
essere in pace anche con noi stessi,, con la natura, con il divino.” Gandhi
sottolineava l’importanza dell’”ahmisa(non violenza) che non ha accezione
solamente negativa e significa anche ”lasciar essere” “permettere alle diverse
umanità di fiorire”.
Il pensiero monolitico tranne forse sulle
questioni scientifiche è da scongiurare, bisogna invece promuovere la
tolleranza di un pluralismo di discorsi razionalmente argomentati. Inoltri
questi dialoghi non devono essere visti come degli scontri retorici dove bisogna
vincere con le armi della manipolazione e della persuasione autoritaria ma un
di un confronto civile e pacato fra pensieri e modi di vedere le cose
differenti.
“La verità è che, nonostante gli innumerevoli istituti di
ricerca sulla pace sparsi nelle più diverse parti del mondi non sappiamo nulla
o quasi nulla delle (vere) cause delle guerre…e come si fa a trovare un rimedio
ad un male di cui non conosciamo la causa?”
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