1.2 La prefazione
La prefazione è una parte dei Princìpi metafisici di particolare importanza,
in quanto contiene un’esposizione della filosofia della natura (e della scienza della
5
I.Kant, Princìpi metafisici, cit., p. 109.
6
Cfr. ivi, p. 101.
9
natura), che è alla base del testo vero e proprio. Kant comincia prendendo in
esame il termine natura in due diversi significati: in senso formale e in senso
materiale. In senso formale, con significato di primo principio interno di tutto ciò
che appartiene all’esistenza di una cosa. Proprio perciò, vi possono essere tante
scienze della natura quante sono le cose specificamente diverse fra loro. In senso
materiale, il termine denota il complesso di tutte le cose, come possibili oggetti
dei nostri sensi, cioè la totalità dei fenomeni: il mondo sensibile esclusi gli oggetti
non sensibili. La natura in senso materiale ha due parti fondamentali che
corrispondono a due dottrine: la dottrina dei corpi (natura estesa), che contiene gli
oggetti del senso esterno, e la dottrina dell’anima (natura pensante), che contiene
gli oggetti del senso interno7
.
È opportuno suddividere la dottrina della natura, secondo Kant, in una
dottrina della storia della natura (la quale non contiene altro che fatti naturali
ordinati sistematicamente) e in una scienza della natura. La scienza della natura è
vera e propria scienza solamente se la sua certezza è apodittica: ne consegue che
deve contenere principi validi apriori. Se infatti la certezza è solamente empirica,
essa viene detta solo impropriamente “un sapere”. La chimica secondo Kant
contiene princìpi o fondamenti solamente empirici; non si tratta quindi di una
scienza: essa dovrebbe essere chiamata piuttosto arte sistematica. Ogni scienza
della natura vera e propria necessita quindi di una parte pura su cui fondare la
propria certezza apodittica. Vi sono due tipi di conoscenze pure: la matematica
che si basa sulla costruzione di concetti, mediante la rappresentazione dell’oggetto
in un’intuizione apriori; la metafisica che è pura conoscenza razionale ricavata da
semplici concetti. La scienza della natura ha anzitutto bisogno della metafisica
della natura. Infatti le leggi – cioè i principi di necessità di ciò che appartiene
all’esistenza di una cosa – si occupano per l’appunto dell’esistenza, che è un
concetto impossibile da costruire, poiché l’esistenza non può essere rappresentata
apriori in nessuna intuizione.
7
Cfr. ivi p. 94.
10
La metafisica della natura si suddivide per Kant in due parti: parte
trascendentale e parte particolare. La parte trascendentale tratta delle leggi che
rendono possibile il concetto di una natura in generale, senza far riferimento ad
alcun oggetto determinato dell’esperienza. La parte particolare della metafisica
della natura si occupa della determinazione della specie delle cose, mentre i
principi trascendentali vengono applicati ai due generi di oggetti dei nostri sensi8
.
Kant afferma che il criterio per individuare la scienza propriamente detta in ogni
dottrina particolare della natura sia la quantità di matematica presente nella stessa.
Conoscere qualcosa a priori, infatti, significa conoscerla in base alla sua semplice
possibilità. La possibilità di determinati oggetti naturali non può essere conosciuta
solamente in base al loro semplice concetto. Per conoscere la possibilità di
particolari oggetti naturali (aprioristicamente), si richiede che il concetto venga
costruito, ovvero che venga data apriori l’intuizione corrispondente al concetto.
La matematica è per l’appunto definita da Kant come la conoscenza razionale che
opera mediante la costruzione di concetti. Ancora più della chimica, ciò che senza
dubbio non può ambire al rango di scienza della natura è la dottrina empirica
dell’anima: in primo luogo poiché la matematica non è applicabile ai fenomeni del
senso interno e alle loro leggi. Affinché divenga possibile l’applicazione della
matematica alla dottrina dei corpi, si devono premettere alcuni princìpi della
costruzione dei concetti che appartengono alla possibilità della materia in
generale. Si tratta di un compito della filosofia pura che, isolando il concetto in
riferimento alle intuizioni pure dello spazio e del tempo, costruisce una vera e
propria metafisica della natura corporea. Tutti gli scienziati che hanno proceduto
in modo matematico – secondo Kant – si sono sempre dovuti servire
inconsapevolmente di princìpi metafisici, anche se nello stesso tempo
protestavano contro ogni pretesa metafisica sulla loro scienza. Ogni vera
metafisica è – per Kant – tratta dalla facoltà del pensare; essa non è inventata, pur
non essendo basata sull’esperienza, ma contiene le pure operazioni del pensiero.
8
Cfr. ivi, p. 103.
11
Kant ritiene di aver trattato completamente questa dottrina metafisica dei
corpi, grazie alla completezza della tavola delle categorie, alla quale egli si rifà, ad
esempio, per trarne le determinazioni del concetto universale di una materia in
generale. La determinazione fondamentale di un qualcosa oggetto dei sensi è il
movimento, per cui la scienza della natura è in generale una scienza del
movimento, pura o applicata. I Princìpi metafisici sono divisi in quattro sezioni
principali, ognuna delle quali tratta del movimento in un suo specifico significato.
Le sezioni sono Foronomia, Dinamica, Meccanica e Fenomenologia. Le quattro
sezioni dei Princìpi metafisici corrispondono ordinatamente alle funzioni dei
concetti intellettuali: la Foronomia è la determinazione del concetto di materia nel
movimento sotto la categoria della quantità, la Dinamica sotto la categoria della
qualità, la meccanica sotto la categoria della relazione, la Fenomenologia sotto la
categoria della modalità. La parola Foronomia è stata coniata da Lambert e si
riferisce alla dottrina che studia le leggi del movimento ed è in questo testo ripresa
da Kant9
,in questa sezione la materia può essere considerata equivalente a un
punto, e si astrae da ogni proprietà interna del mobile e si tratta del solo
movimento e di ciò che esso si può considerare come velocità e direzione. La
Dinamica aggiunge al concetto di materia, rispetto alla Foronomia, la proprietà di
opporre resistenza ad un movimento nell’ambito di «uno spazio determinato»,10
cioè la proprietà di occupare uno spazio. Nella Meccanica viene considerata la
forza di una materia volta a comunicare il movimento di essa ad un’altra materia,
tutte le leggi meccaniche presuppongono quelle dinamiche. Il termine
Fenomenologia indica quella parte della teoria del movimento che considera la
quiete o il movimento della materia solo in rapporto con le modalità che appaiono
al senso esterno: tratta della materia che in quanto mobile è data solo come
fenomeno, ma come esperienza, cioè tratta del fenomeno che attraverso le
modalità della rappresentazione diventa esperienza.
In questo trattato Kant ha imitato il metodo matematico, seppur non in
maniera rigorosa, precisando che: il metodo matematico potrebbe in futuro essere
9
Cfr. Nicola Abbagnano, Dizionario di filosofia, Utet, Torino, 2011, Terza edizione, p. 473.
10 Cfr. ivi, p. 496.
12
applicato in maniera completa; questi Princìpi metafisici sono un abbozzo; questa
applicazione del metodo matematico non è fatta per ostentare esattezza, ma Kant
credeva nella scientificità dei Princìpi addirittura al punto che tale applicazione
andrà a fare parte specifica della fisica generale, «congiungendola alla dottrina
matematica del movimento11
».
Kant conclude la prefazione ammettendo che la metafisica non sappia
realizzare molto, ma concludendo che, quel poco che essa riesce a realizzare sia
pure un qualcosa di valore, di cui la stessa matematica ha bisogno12. Essa non è
dunque affatto da trascurare.
1.3 Foronomia
La prima sezione dei Princìpi è composta di cinque definizioni, con le
relative note, un principio (Grundsatz), che è l’unico di tutta l’opera, un teorema
(con le relative dimostrazione e note). Questa sezione prende in esame la
rappresentazione pura del movimento e la possibilità di un suo studio
quantitativo13; essa inoltre considera la quantità del movimento nella materia e
come esso sia costruito nell’intuizione apriori14. Il movimento è trattato come
puro quantum, astraendo da ogni qualità del mobile. La materia è il mobile nello
spazio. È di particolare importanza sottolineare questo riferimento allo spazio. La
materia non è semplicemente il mobile e lo spazio può essere spazio “relativo” o
“materiale”, in contrapposizione allo spazio “assoluto”. Lo spazio assoluto in
Kant – e in ciò è netta la discontinuità rispetto a Newton – è solo un’idea della
ragione15
.
Nella Foronomia si parla esclusivamente del movimento; dunque alla
materia viene assegnata solamente la proprietà della mobilità. La materia può
essere considerata equivalente a un punto, trattando essa solamente il movimento
11 I. Kant, Princìpi metafisici, cit., p. 123.
12 Cfr. ivi, p. 125.
13 Cfr. P. Pecere, La filosofia della natura in Kant, Edizioni di Pagina, Bari, 2009, pp. 334-340.
14 Cfr. E. Watkins e M. Stan, Kant’s Philosophy of Science, in The Stanford Enciclopedia of
Philosophy (Fall 2014 Edition), <http://plato.stanford.edu/archives/fall2014/entries/kant-science/>.
15
Cfr. M. Friedman, Kant’s Construction of Nature, Cambridge University Press, New York,
2013, pp. 34-36.
13
(velocità e direzione), astraendo da ogni proprietà interna del mobile. Nella
seconda definizione, Kant considera il movimento come il cambiamento dei
rapporti esterni di una cosa, rispetto a uno spazio dato. Nella prima nota egli
elabora la propria definizione con argomentazioni ed esempi, prendendo in
considerazione anche possibili critiche, come ad esempio quella di chi asserisca
che una simile definizione non prenda in considerazione il movimento interno. Si
consideri ad esempio il caso della fermentazione di una botte di birra. Kant scrive
che, rispondendo a una tale critica, occorrerebbe considerare il mobile come unità.
Nella nota 2 alla definizione, Kant menziona diversi tipi di movimento; viene
altresì stesa una prima distinzione fra movimenti rotatori o traslatori. Nella nota 3
Kant asserisce che, nella considerazione di ogni movimento, i due momenti da
prendere in considerazione siano direzione e velocità. Inoltre, nella stessa nota
Kant approfondisce e chiarisce il significato dei due termini: il verso di un
movimento non può dar luogo a nessuna differenza immaginabile per quanto
riguarda le sue conseguenze interne. Per Kant, infatti, la differenza di verso non si
lascia ricondurre a concetti distinti. Ciò è altresì un buon fondamento per
dimostrare che lo spazio in generale non appartiene alle proprietà delle cose in se
stesse, ma solo alla forma soggettiva della nostra intuizione sensibile di cose o
rapporti16. La velocità è intesa nella Foronomia nel solo significato spaziale di
V=S/T. La quiete è definita come presenza persistente (che dura nel tempo) nel
medesimo luogo. Kant nella nota argomenta che la quiete non sia mancanza di
movimento, come è testimoniato dall’esistenza di una differenza fra condizione
persistente e persistervi.
Nel principio (Grundsatz)
17 Kant asserisce che ogni movimento possa
essere considerato da una parte come movimento o quiete del corpo in uno spazio
immobile, ma d’altra parte, al contrario, «come movimento dello spazio, nella
direzione opposta e con uguale velocità»18. Nel teorema 1 si afferma che, quando
si compongano due movimenti nello stesso punto, uno dei due è sempre
16 .I.Kant, Critica della ragion pura, biblioteca universale laterza terza ediz., Bari, 2010, pp 55-60.
17 Cfr. Kant, Princìpi, cit., p. 147.
18 Ibidem.
14
rappresentato nello spazio assoluto e l’altro, equivalente, nello spazio relativo, con
la stessa velocità ma direzione opposta. La dimostrazione – al modo delle
dimostrazioni matematiche – viene condotta per assurdo. Kant esamina in modo
analitico i casi in antitesi al teorema da dimostrare e mostra che, da tali premesse,
si giungerebbe necessariamente a un assurdo. Successivamente egli prende in
esame l’assunto iniziale del suo teorema e ne mostra la coerenza.
1.4 Dinamica
La Dinamica è la più lunga e complicata delle quattro sezioni, e allo stesso
tempo è anche la parte più conosciuta dei Princìpi metafisici. Ciò è dovuto alla
presenza della teoria dinamica della materia, secondo cui la materia sarebbe
costituita solamente di forze attrattive e ripulsive, emanate da un punto materiale
posto al centro di queste forze. Volendo cercare un parallelismo con la fisica
moderna, tale teoria dinamica della materia potrebbe essere considerata come una
teoria precorritrice dei lavori del fisico inglese Michael Faraday, vissuto nel XIX
secolo, nella misura in cui la teoria segna il passaggio da una visione statica e
meccanica della materia a una concezione attiva e dinamica della stessa,
introducendo i concetti di energia, forza e campo al posto di concetti obsoleti
quali solidità, impenetrabilità e indivisibilità19
.
La Dinamica si occupa della qualità della materia, secondo cui essa
riempie lo spazio, considera il movimento in quanto appartiene alla qualità della
materia, sotto il nome di una forza motrice originaria. Nella prima definizione, la
materia è definita come “il mobile”, in quanto riempie uno spazio, il quale oppone
resistenza a ogni altro mobile che tenda con il suo movimento a penetrare in un
determinato spazio. Lo spazio si dice vuoto quando non è riempito. Il primo
teorema afferma che la materia non riempie uno spazio semplicemente esistendo,
ma mediante una particolare forza motrice. La dimostrazione viene fatta a partire
dal concetto di “riempire uno spazio”, precedentemente esaminato, che significa
infatti opporre resistenza ad un movimento. Questa resistenza – sostiene Kant –
non può essere altro che un movimento a sua volta, operante in direzione opposta;
19 Cfr. M. Friedman, Kant’s Construction, cit., pp. 96-98.
15
la causa del movimento si chiama – come volevasi dimostrare – forza motrice.
Nella nota, il filosofo puntualizza che chiamare solidità la proprietà della materia
di riempire uno spazio – come ad esempio fa Lambert, senza quindi teorizzare una
forza che respinge – significa impiegare un’espressione ambigua che non permette
di risalire ai primi principi (metafisici)20
.
Nella seconda definizione, Kant spiega cosa siano la forza attrattiva e la
forza repulsiva, che si divide a sua volta in respingente e traente. Il filosofo spiega
poi nel secondo teorema che la materia riempie il proprio spazio mediante la forza
repulsiva, cioè mediante una sua forza espansiva che ha un certo grado. Nel terzo
teorema si afferma che la materia possa essere compressa all’infinito (quando una
forza restringe il suo spazio), ma che non possa tuttavia essere soppressa da
alcuna materia (non può mai azzerare il suo spazio del tutto). La dimostrazione è
condotta argomentando che lo spazio zero sia infinitamente piccolo; ma per
ridurre una materia a uno spazio infinitamente piccolo ci vorrebbe una forza
compressiva infinita, che non è data in nessun caso.
Nei teoremi 5 e 6 Kant afferma che la materia sia possibile mediante le due
forze, quella attrattiva e quella repulsiva, e che non vi possa essere la sola forza
d’attrazione, poiché essa stessa necessita anche della repulsione. L’attrazione
essenziale di ogni materia è un’azione immediata di questa materia sulle altre,
mediante lo spazio vuoto. La possibilità stessa della materia si basa dunque
sull’attrazione originaria, che «si estende immediatamente e all’infinito nello
spazio dell’universo, da ogni parte della materia a ogni altra»21 (teorema 8): la
materia intesa come massa (o quantità di materia), che può così occupare uno
spazio, è possibile secondo Kant sola grazie alla forza attrattiva (originaria), la
materia come quantum se non è unita da questa forza, con altri quanta non ha una
densità e non occupa quindi uno spazio.
La nota generale sulla dinamica si conclude con una chiosa sulla questione
dell’ammissibilità di spazi vuoti nel mondo. Secondo Kant è pensabile l’esistenza
di uno spazio vuoto, poiché lo spazio è condizione precedente alla materia, in
20 Cfr. I. Kant, Princìpi, cit., p. 177.
21 Ivi, p. 229.
16
quanto contenente le condizioni delle leggi di propagazione. Anche se lo spazio
vuoto è pensabile, esso non si dà tuttavia mai nell’esperienza, che ci fa conoscere
spazi vuoti non in senso assoluto, ma solamente in relazione a un certo grado di
vuoto. Ciò concorda con la spiegazione del riempimento data precedentemente,
vale a dire con la proprietà che ha la materia di riempire lo spazio con una forza
espansiva il cui grado può crescere o diminuire all’infinito.
1.5 Meccanica
Questa sezione tratta delle relazioni fra le parti della materia che si
mettono reciprocamente in movimento22. La prima definizione asserisce che nella
meccanica la materia sia trattata nel significato di mobile. Il mobile possiede – in
quanto tale – una forza motrice. «La quantità di materia è l’insieme del mobile
contenuto in uno spazio determinato»23. Essa si può misurare solo mediante la
quantità di movimento che possiede a una determinata velocità; non è infatti
possibile misurare la materia astraendo dal suo movimento. Kant nel teorema
secondo enuncia la Prima legge della Meccanica: in natura fisica, la quantità di
materia resta la stessa, senza aumentare né diminuire. Nella dimostrazione egli
parte dalla proposizione della metafisica generale, secondo cui nessuna sostanza si
crea né si distrugge, per poi mostrare cosa sia la sostanza della materia: la materia
è l’insieme delle sostanze che la costituiscono; quindi per essere aumentata ci
sarebbe bisogno della creazione di nuova sostanza materiale, che per la
proposizione della metafisica generale è impossibile.
Per la seconda legge della Meccanica, ogni cambiamento della materia ha
una causa esterna; inoltre, per la terza legge della Meccanica, in ogni
comunicazione di movimento l’azione e la reazione sono sempre uguali fra loro.
Come corollario, ogni corpo – indipendentemente dalla grandezza della propria
massa – può essere mosso dall’urto di un altro corpo, prescindendo dalla
piccolezza della massa o della velocità di quest’ultimo. Nessuna comunicazione
del movimento ha luogo senza che vi sia una reciprocità dei movimenti stessi.
22 Cfr. P. Pecere, La filosofia della natura, cit., p. 337.
23 I. Kant, Princìpi metafisici, cit., p. 289.
17
Nella nota relativa, Kant aggiunge che la denominazione di forza d’inerzia deve
«essere completamente eliminata dalla scienza della natura»24, soprattutto perché
la reazione dei corpi non consiste nel consumare, diminuire o distruggere un
movimento presente nel mondo, ma invece risiede nell’effettuarne la
comunicazione. Secondo l’autore dei Princìpi, sarebbe più corretto chiamare le tre
leggi della meccanica generale con i rispettivi nomi “legge della sussistenza”,
“legge dell’inerzia” e “legge dell’azione reciproca”, in modo che essi facciano
diretto riferimento alle tre categorie di sostanza, causalità e reciprocità25
.
1.6 Fenomenologia
Tratta del movimento secondo la “modalità” dell’esperienza, cioè come
fenomeno che può essere considerato apparente, reale o necessario26. La materia
nella fenomenologia è definita come il mobile, in quanto può essere un oggetto
dell’esperienza. Secondo il primo teorema, che determina la modalità del
movimento rispetto alla Foronomia, il movimento rettilineo rispetto allo spazio
empirico è solamente possibile; invece è d’altra parte impossibile – neanche
pensabile il moto assoluto – il movimento di una materia senza che quest’ultima
sia in relazione con un’altra materia esterna. Considerando la modalità del
movimento rispetto alla Dinamica, il movimento circolare di una materia è un
predicato reale, mentre il movimento opposto di uno spazio relativo – benché nel
fenomeno coincida col precedente – è pura apparenza, dato che si contraddice
nella connessione di tutti i fenomeni.
La modalità del movimento rispetto alla Meccanica è determinata dal
teorema 3, secondo il quale ogni movimento di un corpo che «esercita un’azione
motrice su un altro corpo è associato necessariamente a un movimento uguale ed
opposto di quest’ultimo»27. Per dimostrare il teorema 3 Kant si rifà alla terza
legge della Meccanica, secondo cui, nella comunicazione del movimento dei
corpi, tale movimento è un movimento reale che deriva inevitabilmente dal
24 Ivi, p. 325.
25 Ibidem.
26 Cfr. P. Pecere, La filosofia della natura, cit., p. 337.
27 Cfr. I. Kant, Princìpi metafisici, cit., p. 345
18
concetto stesso della relazione fra il corpo che si muove nello spazio e ogni altro
corpo che possa essere mosso dal precedente. Derivando dal concetto, il
movimento è dunque necessario. Questi tre teoremi determinano il movimento
della materia rispetto alle tre categorie della modalità: possibilità, realtà e
necessità. Nella nota generale alla Fenomenologia, Kant esamina alcuni concetti
che vi sono stati trattati: il concetto di movimento nello spazio relativo, quello di
movimento nello spazio assoluto, quello di movimento relativo in generale, e
infine il concetto che sta alla base di tutti questi, cioè lo spazio assoluto.
Lo spazio assoluto non è necessario come concetto di un oggetto, ma è
necessario come idea che serva da regola per considerare, al suo interno, ogni
movimento come relativo. Lo spazio vuoto inteso in senso foronomico è lo spazio
assoluto, che non appartiene all’esistenza delle cose, ma alla determinazione dei
concetti. In senso dinamico lo spazio vuoto è quello che non è riempito, sebbene
non sia aprioristicamente contraddittorio come concetto. Esso è dinamicamente e
quindi fisicamente impossibile – sostiene Kant –, poiché altrimenti ogni materia si
espanderebbe negli spazi vuoti. In senso meccanico, lo spazio vuoto è il vuoto che
si concentra all’interno dell’universo e che permette ai corpi di muoversi
liberamente. L’autore conclude così l’opera mostrando che in questo caso la
possibilità o meno dello spazio vuoto si basa sul vero e proprio “mistero naturale”,
difficilmente risolvibile. Kant afferma esplicitamente di voler terminare l’opera
con il vuoto, cioè con l’incomprensibile, al fine di riprendere la sfida intrapresa
già dalla ragione della Critica della ragion pura, quella di cercare di cogliere i
fondamenti ultimi delle cose risalendo ai loro stessi princìpi28. Infatti la ragione
non può fermarsi al condizionato: quando essa ha il desiderio di conoscere i
confini ultimi delle cose, non le resta altro, invece, che ritirarsi in se stessa per
indagare e determinare i confini della stessa sua propria facoltà.
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