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Considerazioni sul "Il Profeta" di K. Gibran.






Il Profeta di Gibran, racconta in sostanza delle risposte che da' Almustafa (l'eletto di Dio) di volta in volta a diversi tipi di personaggi come "prototipi" : ogni capitolo è appunto strutturato in questo modo, vi è un personaggio rappresentante di una categoria che domanda al profeta alcune questione che gli premono maggiormente(in relazione al proprio ruolo) ad esempio la sacerdotessa che gli chiede di parlare della ragione e della passione oppure il muratore che chiede delle case ed egli risponderà in termini spesso metaforici e spirituali. Un passo che ho trovato particolarmente degno di nota è quello dove si parla della colpa e della pena, Almustafa risponde al giudice che siamo tutti come un gruppo nello stesso cammino (anche chi commette degli sbagli), e se qualcuno cade e sbaglia non bisogna trattare questo come un estraneo all'umanità ma anzi ognuno deve esaminare sé stesso se in qualche modo non è stato accondiscendente o abbia favorito in qualche modo lo sbaglio commesso ( addirittura si spinge a dire che "la persona assassinata non è priva di responsabilità nel proprio assassinio").
A parte alcuni toni forse un po' eccessivi come il precedente, trovo che in generale il libro offra degli spunti significativi e dia un punto di vista  abbastanza sfumato e interessante ( e spesso valido /di buon senso), e per quanto l'autore fosse di religione cristiana, è evidente l'influenza della cultura araba nella sua opera.

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