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Un confronto tra Idea e Realtà in Marx

 

Secondo Marx, la produzione e lo scambio dei suoi artefatti sono alla base di ogni ordinamento sociale: la società costituita da classi si modella, infatti, a partire da ciò che si realizza e dalle modalità della produzione, nonché dalle modalità di scambio della merce. Le vere cause dei mutamenti sociali e politici non vanno ricercate tanto nella filosofia e nella mente degli uomini, ma nei mutamenti dei modi della produzione e quindi nell’economia. Vi è dunque un conflitto interno al capitalismo tra forze produttive e modi di produzione: secondo Marx, esso può essere risolto col socialismo moderno.

Il materialismo storico reputa che i fattori economici, quali tecniche di lavoro, rapporti di lavoro e produzione, abbiano un peso significativo e preponderante nello svolgersi degli eventi storici[1]. La personalità umana è costituita nella sua stessa natura da rapporti di lavoro e produzione, che sono necessari per soddisfare i suoi bisogni primari e non solo. La coscienza dell’uomo, dunque, non è tanto un presupposto, quanto un risultato. La forma che la società assume dipende dai rapporti economici: nella produzione sociale della loro vita, infatti, gli uomini entrano in rapporti indipendenti dalla loro volontà, rapporti che corrispondono ad una certa fase di sviluppo delle loro forze produttive materiali[2].

I rapporti di produzione costituiscono la struttura della società, che è la base reale su cui si costruisce una sovrastruttura giuridica e politica alla quale corrispondono tipi di forme sociali di coscienza. La produzione della vita materiale, infatti, condiziona il processo della vita spirituale, senza però arrivare ad un rigido determinismo economico, che presupporrebbe un nesso causale univoco tra economia e società. Il materialismo storico ha fornito agli storici un punto di vista a volte indispensabile per comprendere e spiegare certi avvenimenti politici e sociali. Questa modalità di interpretazione è stata utilizzata da molti storici, e viene impiegata da storici anche non marxisti. Non si tratta di un principio dogmatico, ma di una possibilità esplicativa. Il carattere dialettico del materialismo storico ha un debito culturale nei confronti di Hegel; il rapporto della filosofia di Marx con Hegel è complesso perché, se da una parte essa riprende il metodo dialettico, dall’altra è in forte contrasto con esso, se non proprio in contrapposizione, in quanto Hegel metteva al centro della sua filosofia l’idea e faceva derivare le condizioni materiali dalle idee, mentre per Marx è vale il contrario: sono le idee che derivano dai contesti socio-economici del tempo.

La sovrastruttura è l’insieme delle idee e delle istituzioni che caratterizzano una data società. Esse nascono in realtà dalla base economica di quella società, corrispondono ad essa, ma su di essa esercitano anche una funzione di ritorno. Alla sovrastruttura appartengono non solo le idee politiche, giuridiche, morali e filosofiche, che nascono sulla base di processi materiali di vita e nelle quali si specchiano gli interessi sociali di classe, ma anche le istituzioni politiche e giuridiche che gli uomini costruiscono in corrispondenza delle proprie idee, rappresentazioni e aspirazioni. Le idee e istituzioni dominanti in una data società sono di regola quelle della classe dominante: tra la base e la sovrastruttura si può individuare quindi uno stretto nesso dialettico, in quanto tutte le relazioni e funzioni umane cresciute sul terreno della base vanno a influenzare anche la produzione materiale. La sovrastruttura costituisce la parte attiva e proprio per il modo complesso in cui ha origine è parzialmente autonoma nei confronti della base.

Dal tipo di mezzi di produzione, deriva il tipo di società, aneddoticamente: «Il mulino a braccia vi darà la società col signore feudale, e il mulino a vapore la società col capitalista industriale»[3]. Dato un determinato stadio di sviluppo delle capacità produttive, si avrà una forma corrispondente di commercio e di consumo che, a sua volta, avrà una specifica struttura della società civile con il suo ordinamento sociale e di Stato politico. L’ordinamento sociale viene infatti creato generalmente dalla classe dominante: la borghesia, per esempio, è caratterizzata dal modo di produzione capitalistico; essa nacque infrangendo l’ordinamento feudale e dalle sue rovine crebbe il regno della libera concorrenza e il modello capitalistico.

A uno sguardo più attento, si nota che la rivoluzione borghese si sviluppò quando il vapore e le nuove macchine utensili segnarono il passaggio dalla vecchia manifattura alla grande industria. Ora le forme di produzione capitalistiche stanno superando il loro limite, secondo Marx, in maniera simile a quando i modi di produzione feudali erano ormai stati sorpassati dai modi di produzione borghese. Vi è infatti un conflitto nato negli uomini sfruttati che non è che il riflesso di queste ingiustizie nei modi di produzione borghese, mentre il socialismo non è che la forma ideale che riflette il conflitto reale. Ciò non significa ricondurre tutta la sfera ideologica all’economia, ma sottolinearne l’importanza. Inoltre, non vi sono leggi economiche immutabili come nelle scienze naturali, perché esse dipendono dai particolari periodi storici.

I filosofi hanno sempre iniziato da sé stessi, ma non dal puro individuo come pensano gli ideologi, bensì dalle proprie date condizioni e dai contesti storici di fondo. Sotto la borghesia, gli uomini sono apparentemente più liberi, ma solo nell’immaginazione[4]; in realtà, infatti, sono ancora più costretti che in passato, cosa che si può notare a partire dalla differenza e dall’antagonismo fra borghesia e proletariato: è l’unione degli individui che permette le condizioni del libero sviluppo. Il comunismo, dunque, è la creazione materiale delle condizioni di questa unione: non è tanto la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza. Per Marx, il comunismo non deve essere solamente un’utopia, ma deve essere concreto; proprio per questo motivo, esso deve avere solide basi economiche. È vero che non solo per l’economia e per tutte le scienze storiche ha avuto grande importanza la scoperta che il modo di produzione della vita materiale condiziona il processo sociale, politico e spirituale della vita[5].

L’economia studiata da Marx andava intesa in senso critico sia storicamente sia logicamente: essa non tratta di cose, ma delle relazioni e dei rapporti fra persone e classi. Nel campo della critica economica, Marx non si dichiara affatto idealista: infatti secondo Marx per fornire al socialismo rigorose fondamenta scientifiche bisognava ricorrere al materialismo. Il metodo di indagine scientifico è simile a quello di Hegel, ovvero dialettico, ma anche l’opposto, in quanto materialismo storico e non idealismo[6].

Karl Marx opererà a partire dagli anni parigini, ovvero intorno al 1844, una critica della società civile vedendo l’economia come base di tale critica[7]. Egli si dedica quindi agli studi di Smith e Ricardo. Un punto chiave della sua riflessione è quella sul denaro: non c’è più il baratto come mezzo di scambio diretto, ma il denaro assume il ruolo di mezzo simbolico di scambio e rappresenta allo stesso tempo uno svuotamento e un’alienazione del lavoro. Dove vi è il denaro come mezzo di scambio, si sviluppa la cooperazione alienata anziché quella solidale. Ciò significa un allontanamento dell’uomo dal prodotto del suo lavoro, che non appartiene più al lavoratore[8]. Vi è dunque una connessione profonda tra proprietà privata e alienazione, in quanto è il primo a determinare la seconda.

Il dissolvimento della società feudale aveva sviluppato la borghesia e altresì la classe del proletariato. Se la vendita di forza lavoro priva il lavoratore salariato di una parte del prodotto del suo lavoro, al capitalista invece va tutta questa somma di plusvalore. Il capitalista è l’acquirente della forza lavoro, mentre l’operaio salariato ne è il venditore: il primo cercherà di ottenere quanta più forza lavoro possibile al minor prezzo, lasciando al lavoratore soltanto il minimo necessario per riprodurre la forza lavoro generatrice di plus valore[9]. L’economia industriale è quindi paradossale, in quanto contiene al proprio interno delle contraddizioni ed è per questo motivo, secondo Marx, che andrà ad autodistruggersi.

La storia della società, dunque, si basa sulla storia economica, ovvero sui modi di produzione dei mezzi primari di sussistenza: l'evoluzione politica, giuridica, filosofica e religiosa poggia velatamente sull'evoluzione economica[10]. Nella società regnano il bisogno e la necessità, spesso gli ideali sbandierati dai potenti portano lo storico a individuare nessi causali in realtà inesistenti e a giustificare certe scelte politiche in realtà dettate da motivi economici. Uno dei più grandi ostacoli alla comprensione degli eventi della storia è il tralasciare lo studio della sua componente economica: in genere, infatti, le idee e le istituzioni di una società sono quelle della classe dominante al suo interno. Fra struttura e sovrastrutture esiste tuttavia un nesso dialettico: anche la sovrastruttura, infatti, influenza la base strutturale della società, ma non bisogna confondere la base vera con la sovrastruttura.

Per comprendere le origini delle diseguaglianze, bisogna risalire alla preistoria umana e ciò è possibile grazie all’aiuto delle indagini di Lewis H. Morgan[11]. Le epoche della preistoria, in base alla produzione dei mezzi di sussistenza, secondo Engels, si possono dividere in: stato selvaggio, barbarie e civiltà. Nello stato selvaggio, le materie prime sono costituite da frutta, noci, radici. Lo stadio medio inizia con la pesca per garantire la sussistenza e l’utilizzo del fuoco; seguendo i fiumi e le coste, gli uomini si spostano su tutta la Terra. Gli utensili paleolitici da lavoro sono fatti di pietra lavorata e con l’invenzione delle prime armi e con la scoperta del fuoco si aggiungono all’alimentazione la selvaggina, le radici e i bulbi[12].

Lo stadio superiore comincia con l’invenzione dell’arco e delle frecce, che dà forte impulso alla caccia: in questa fase iniziano a svilupparsi i primi villaggi, la produzione di vasi e suppellettili in legno e la tessitura a mano. Lo stadio inferiore della barbarie, procedendo oltre, inizia con l’invenzione della ceramica, che deriva dall’usanza di ricoprire recipienti di legno con argilla per renderli resistenti al fuoco. L’elemento peculiare dell’età della barbarie è l’addomesticamento e l’allevamento degli animali, così come la coltivazione di piante: siccome ogni parte della Terra possiede le sue diverse tipologie di piante coltivabili e di animali addomesticabili, anche le vie dei modi di produzione degli uomini iniziarono a differenziarsi da popolazione a popolazione[13].

Lo stadio intermedio delle barbarie comincia in Occidente con la coltivazione di piante, con l’irrigazione, con l’uso di mattoni essiccati al sole e di pietre di costruzione; in Oriente, invece, esso prende piede con l’addomesticamento degli animali. Per esempio, tra gli indiani esisteva già una certa orticoltura. Lo stadio superiore dell’età della Barbarie inizia invece con la fusione del ferro greggio e compie il passaggio alla civiltà con l’invenzione della scrittura alfabetica. Abbiamo qui per la prima volta il vomere di ferro tirato da bestie, grazie a cui nasce e si diffonde l’agricoltura su larga scala. Strumenti quali il mantice, il mulino a mano, il carro e i battelli furono di molto perfezionati e iniziarono a svilupparsi contemporaneamente alle prime forme di architettura. Infine, lo stadio della civiltà è caratterizzato dall’apprendimento ulteriore di nuove capacità di lavorazione di prodotti dell’industria e delle arti.

Morgan notò che fra gli Irochesi vigeva il matrimonio monogamico, la famiglia di coppia, un sistema parentale in contraddizione rispetto ai loro rapporti familiari in virtù del particolare utilizzo dei termini parentali. Infatti, se la discendenza di una coppia era a tutti facilmente riconoscibile, stranamente l’irochese non chiama col nome di “figlio” o di “figlia” soltanto la propria discendenza, ma anche quella dei fratelli[14]. I figli delle sorelle invece li chiama “nipoti” ed essi, a loro volta, lo chiamano “zio”. Ancora, la donna irochese chiama “figlie” e “figli” anche i figli e le figlie delle sorelle e chiama come “nipoti” i figli e le figlie dei fratelli. Queste denominazioni apparentemente irrilevanti sono in realtà alla base di un sistema di parentela alquanto elaborato.

Questo sistema vige fra tutti gli Indiani di America. Le denominazioni di padre, figlio, fratello e sorella non sono semplici titoli ma implicano allo stesso tempo degli specifici doveri. Ciò ha origine da un antico sistema di parentele risalente alle Hawaii. Se, come afferma Morgan, la famiglia è l’elemento attivo e mai stazionario, procede da una forma inferiore e una superiore in base allo stadio della società, al contrario i sistemi di parentela sono passivi e subiscono cambiamenti radicali solo quando la famiglia muta in modo netto[15].

Secondo Marx ed Engels le ideologie, e le costruzioni filosofiche in particolare, hanno una loro natura specifica che rende assai complicata la trasmissione del materiale culturale preesistente. L’ideologia come sovrastruttura non è il prodotto di uno o dell’altro filosofo, di un gruppo di intellettuali o delle masse popolari, ma di una combinazione fra tutti questi. Ad un certo stadio di sviluppo delle capacità produttive, si avrà una forma corrispondente di ordinamento sociale, nonché di commercio e di consumo, oltre che una organizzazione corrispondente della famiglia, dei ceti e delle classi, una vera e propria società civile corrispondente. Dato lo stato civile, si avrà un corrispondente Stato politico. Gli uomini non sono liberi di scegliere le loro forze produttive, in quanto esse sono il risultato delle energie degli uomini. La storia sociale degli uomini è la storia dello sviluppo individuale: i rapporti materiali fra le persone costituiscono la base di tutti i tipi di rapporti; i rapporti di produzione sono al contempo sociali, economici e politici.

Il compito della scienza è secondo Marx quello di scoprire i mezzi dell’autonomia di classe a partire dal movimento dei rapporti. Questi mezzi non devono essere determinati attraverso un procedimento mentale, ma devono essere scoperti nei fatti materiali esistenti della produzione. I soggettivisti errano in quanto, credendo di averli inventati, finiscono per usare i mezzi per conservare i rapporti sociali di produzione, ma più si inventa la politica (tramite un’operazione mentale inesistente nella realtà), più la realtà sociale reale li domina: si diventa, in questo modo, come dei servi sciocchi e illusi nelle proprie vanità. Bisogna invece scoprire nei fatti materiali esistenti della produzione quali sono i mezzi della politica capitalistica e come essa si manifesta tra le rappresentazioni della sovrastruttura e la base reale del contenuto della struttura.

La concezione materialistica della storia si è formata dalla critica e attraverso il superamento della concezione soggettivistica della politica. Ciò non significa che basta considerare esclusivamente lo sviluppo economico di un periodo per comprenderne anche la sfera ideologica: sul modo con cui un’epoca elabora le proprie rappresentazioni ideologiche, infatti, vi è un’influenza significativa da parte del preesistente materiale concettuale; ogni epoca si serve di questo patrimonio di mediazioni concettuali entro un contesto di circostanze storiche nuove.

Engels ammoniva di non intendere la concezione materialistica della storia come una filosofia della storia rigorosamente chiusa e completa, ma sosteneva la necessità di considerarla come una guida allo studio[16]. In particolare, quando si cerca di studiare le diverse epoche degli sconvolgimenti storici, chiamate dal filosofo “epoche diagnostiche”, è importante saper distinguere fra lo sconvolgimento materiale che può essere constatato con precisione mediante le scienze e le forme ideali, con cui tale sconvolgimento si presenta. Le ideologie, nel senso di sovrastruttura, non sono quindi la concezione singola di uno specifico filosofo, ma sono l’insieme di tutte le filosofie e di tutte le opinioni scientifiche, tra cui la religione e il senso comune del tempo.

I diversi stadi di sviluppo della divisione del lavoro corrispondono ad altrettante forme diverse di proprietà. La prima forma di proprietà è quella di tipo tribale, che corrisponde allo stadio non ancora sviluppato della caccia e della pesca; in questa fase, la divisione del lavoro inizia a originarsi ma è ancora in fase embrionale e non è che un prolungamento della famiglia. La seconda forma di proprietà privata è quella della comunità antica e dello Stato che ebbe origini dall’unione di più tribù in una città; in questa fase continua ad esistere la schiavitù e si sviluppa la proprietà privata mobiliare e, in seguito, quella immobiliare. La divisione del lavoro conosce già un certo sviluppo, è già presente l’antagonismo fra città e campagna e il rapporto di classe fra cittadini e schiavi è completamente sviluppato. Con le prime manifestazioni della proprietà privata, si possono identificare alcune caratteristiche che troviamo poi anche con la proprietà privata moderna. La concentrazione della proprietà privata a Roma, per esempio, cominciò molto presto; allo stesso tempo, si svilupparono i piccoli contadini plebei che costituivano una classe di mezzo fra i cittadini possidenti e gli schiavi.

La terza forma è quella della proprietà feudale: mentre l’antichità trova nella città il suo nucleo principale di riferimento, il Medioevo muove verso la campagna. Il sistema dell’economia borghese va considerato dunque secondo diversi elementi: il capitale, la proprietà fondiaria, il lavoro salariato, lo Stato, il commercio estero e il mercato mondiale. Il filo conduttore degli studi di Marx si può identificare nel fatto che nella produzione sociale della loro esistenza, gli uomini entrano in rapporti determinati, necessari e indipendenti dalla loro volontà, e in rapporti di produzione corrispondenti a un determinato grado di sviluppo delle loro forze materiali[17]. L’insieme dei rapporti di produzione costituisce l’economia della società, la base su cui si instaura dialetticamente   una sovrastruttura giuridica e intellettuale e alle quali corrispondono diverse forme di coscienza. Il modo di produzione condiziona la sfera spirituale e culturale: non è tanto la coscienza degli uomini che determina ciò che essi sono, ma, al contrario, sono i loro rapporti sociali nel contesto di vita reale che determinano la loro coscienza.

Con il mutare dei paradigmi economici, si assiste ad un corrispondente sconvolgimento a livello della sovrastruttura: come non si può dare valore al giudizio che un uomo ha di se stesso, similmente non si può valutare un’epoca di sconvolgimento dalla consapevolezza che essa ha di sé.

I rapporti di produzione borghese sono l’ultima forma antagonistica del processo di produzione sociale: l’economia politica, infatti, costituisce l’analisi teorica della società e presuppone una società borghese sviluppata. Tutte le relazioni sociali e statali e i sistemi giuridici e religiosi, tutte le concezioni teoriche, insomma, possono essere comprese soltanto se si sviscerano le condizioni di vita materiale dell’epoca. A un certo momento di sviluppo, quando le contraddizioni del sistema economico vigente sono troppo e/o troppo gravi subentra un periodo di rivoluzione sociale. I rapporti di produzione borghesi sono l’ultima forma antagonistica di tale processo. Come si è detto, la coscienza degli uomini dipende dal loro essere e non viceversa. Questo nuovo modo di vedere si scontra con la nuova borghesia, ma anche con i socialisti francesi e con la celeberrima formula tipica della Rivoluzione francese: “libertà, uguaglianza, fraternità” in quanto il comunismo rispetto ai rivoluzionari francesi fa un ulteriore passo avanti verso l’eguaglianza universale.

L’azione è sorta in ogni caso singolo da impulsi materiali diretti e non dagli slogan/dalle massime che li hanno accompagnati. Anche le critiche a Hegel hanno la loro base materiale: durante il regime dei diadochi hegeliani, si può individuare un’epoca in cui il contenuto positivo della scienza prende nuovamente il sopravvento rispetto al suo lato formale. Al contempo, la Germania progrediva nelle scienze naturali, cosa che corrispondeva allo sviluppo della borghesia dopo il 1848. Ciò che distingueva Hegel dagli altri filosofi era l’enorme senso storico alla base del suo pensiero: questa concezione della storia, che sembrava aprire un’epoca nuova, era in realtà la premessa teorica della nuova concezione materialistica.

Il merito di Marx fu quello di estrapolare il nocciolo del metodo dialettico hegeliano spogliato dall’idealismo: questo metodo è molto importante per la critica dell’economia politica. La storia dell’evoluzione va in sostanza dai rapporti più semplici ai rapporti più complicati; lo sviluppo storico dell’economia politica offre un filo conduttore a cui la critica può fare riferimento. La storia procede spesso per salti e non in maniera lineare, per cui non si può scrivere la storia dell’economia tralasciando la storia della società borghese; provando a seguire un percorso logico, possiamo prendere come punto di partenza il primo rapporto economico per poi scomporlo. Essendo un rapporto, ne deriva che esso ha due lati o due facce in relazione fra loro. Esaminando ciascun lato possiamo ricavare la modalità del loro reciproco rapporto, ovvero la loro azione e reazione reciproca.

Per Marx, è importante trovare le leggi dei fenomeni economici e storici, ma è altrettanto importante comprovare mediante un’attenta indagine scientifica la necessità di determinati ordinamenti dei rapporti sociali, oltre a constatare in maniera più completa possibile quei fatti che stanno alla base delle successive ricerche. Va dimostrata, dunque, la necessità dell’ordinamento esistente e la necessità di un ordinamento nuovo: il filosofo considera il movimento sociale come un processo di storia naturale retto da leggi che non dipendono dalla volontà e dalle idee degli uomini, ma che, al contrario, determinano la loro volontà e le loro idee.

L’elemento cosciente ha una funzione subordinata nella storia della civiltà: non tanto l’idea, quanto il fenomeno esterno deve essere preso come riferimento per lo studio scientifico di una civiltà. La critica si limiterà alla comparazione e al confronto di un fatto, non con l’idea, bensì con un altro fatto. Le leggi economiche non sono immutabili poiché ogni periodo storico ha le proprie leggi: la legge della popolazione, per esempio, non è la stessa in tutti i tempi e in tutti i luoghi, ma ogni grado di sviluppo ha una sua propria legge della popolazione. L’indagine deve appropriarsi del materiale nei particolari, deve analizzare le differenti forme di sviluppo e rintracciarne l’interno concatenamento. Come detto prima, il metodo dialettico di Marx non è diverso da quello di Hegel, anche se per certi versi ne è l’opposto[18]: per Hegel, infatti, il processo del pensiero sotto il nome di idea diventa addirittura soggetto indipendente, è il demiurgo del reale, mentre il reale non è che il fenomeno esterno del processo del pensiero; per Marx, invece, l’elemento ideale non è altro che l’elemento materiale trasferito e tradotto nelle idee costruite da parte degli uomini


[1] N. Abbagnano, Dizionario di filosofia, Utet, Torino, 1998, p. 683.

[2] K. Marx, F. Engels, a cura di Nicolao Merker, La concezione materialistica della storia, Editori Riuniti, Roma, 2022, p. 179.

[3] K. Marx, Miseria della filosofia, Editori Riuniti, Roma, 2019, p. 94.

[4] K. Marx, F. Engels, L’ideologia tedesca, traduzione italiana di F. Codino, Editori Riuniti, Roma, 2018, p. 88.

[5] K. Marx, F. Engels, La concezione materialistica della storia, cit., p. 222.

[6] Ivi, p. 176.

[7] S. Petrucciani, Marx, Carocci, Roma, 2009, p. 67.

[8] K. Marx, Scritti di critica dell’economia politica, Editori Riuniti, Roma, 1963, p. 18.

[9] K. Marx, Il capitale, a cura di E. Sbardella, traduzione dal tedesco di R. Meyer, Newton, Roma, 1970, p. 177.

[10] K. Marx, F. Engels, La concezione materialistica della storia, cit., p. 222.

[11] F. Engels, L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato, a cura di F. Codino, Editori Riuniti, Roma, 1963, p. 55.

[12] Ivi, p. 56.

[13] Ivi, p. 57.

[14] Ivi, p. 63.

[15] Ivi, p. 65.

[16] K. Marx, F. Engels, La concezione materialistica della storia, cit., p. 175.

[17] S. Petrucciani, Marx, cit., p. 59.

[18] S. Petrucciani, Marx, cit., p. 22.

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